2005 maggio: Orbetello, Argentario, Tarquinia e Tuscania

La gita 2005 ha fatto scalo:

  • alla laguna di Orbetello
  • al Monte Argentario
  • a Tarquinia
  • ed infine a Tuscania.

Alzataccia, vista l’ora di partenza, per la gita del 2005 (21 e 22 maggio) nella zona dell’Argentario. Gli organizzatori ci avevano proposto due aspetti storicamente lontanissimi tra loro: Etruschi e trasvolatori. Eppure, se ci pensiamo bene, ambedue hanno esaltato il genio degli abitanti di questa penisola (dico penisola perché è un po’ improbabile chiamare italiani gli etruschi) dove abitiamo: sono tuttora visibili strutture straordinarie risalenti agli Etruschi e, sebbene oggi se ne parli poco, gli Atlantici hanno aperto un mondo, facendoci capire che anche formazioni numerose di aerei potevano superare gli oceani. Ovviamente parlo di capacità tecniche: architettoniche, quelle degli Etruschi, motoristiche e idrodinamiche quelle del Savoia-Marchetti S-55 X, l’aereo impiegato dai trasvolatori.

Un paio di rapide soste in viaggio e a metà mattinata arriviamo al cimitero di Orbetello, dove è previsto l’incontro dei partecipanti al 38° Raduno dell’Associazione Trasvolatori Atlantici.

La decisione di costruire un idroscalo a Orbetello è dovuta al fatto che la zona rispondeva ai requisiti necessari: specchio d’acqua poco profondo, regime ondoso tranquillo, venti che spiravano prevalentemente nella direzione richiesta (S/O e N/E). Oltre a tanti raid nelle acque del Mediterraneo, da Orbetello partirono due grandi crociere: la prima fu la “Crociera Atlantica del Sud” sul percorso Orbetello-Rio de Janeiro con 14 Savoia-Marchetti S-55; la seconda, la “Crociera del decennale”, con ben 24 (+ 1 di riserva) Savoia-Marchetti S-55X che da Orbetello arrivarono negli Stati Uniti, a Chicago e New York.

Raduno quindi al cimitero di Orbetello nel quale si trova il “Quadrato degli Atlantici”, dove riposano alcuni trasvolatori e Italo Balbo con il suo ultimo equipaggio. Ci si trasferisce quindi al “Parco delle Crociere” che sorge dove una volta si trovavano gli alloggi delle famiglie degli ufficiali della base.

Qui si svolge la cerimonia di commemorazione dei “Trasvolatori Atlantici”; tra gli altri erano presenti il figlio del trasvolatore Gen. Giuseppe Valle, l’ingegner Renato Valle (con il quale avevamo comunicato per facilitare l’organizzazione della gita), e Paolo Balbo, il figlio di Italo Balbo, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione; e proprio davanti all’esedra del parco deponiamo la nostra corona d’alloro, a ricordo di quanti hanno portato il nome dell’Italia nel mondo, da uomini di pace. Non è difficile immaginare che, nel vedere i figli di due personaggi tanto importanti dell’allora Regia Aeronautica, il nostro Italo Rossini abbia provato una particolare emozioni nel ricordo di tempi lontani, ma ancora ben  vivi nella sua mente.

Prima di passare al resto della gita, piace fare due o tre annotazioni per approfondire i contenuti della giornata. Il “Parco delle Crociere” è parte di quella che una volta era la zona idroscalo anche se, a causa delle distruzioni della guerra, lo abbiamo trovato in stato di semiabbandono, compresi uno dei due hangar di Pier Luigi Nervi; anche la ex palazzina comando era in condizioni precarie: è triste vedere la nostra storia andare in rovina per colpa della scarsa attenzione di chi dovrebbe intervenire.

Un’altra cosa che molti non sanno è che uno dei trasvolatori è stato l’allora Ten. pilota Ercole Savi, che volò nel viaggio di ritorno sul velivolo I-NAPO e che fu generale dell’Aeronautica Militare oltre che tra i fondatori dell’Associazione Trasvolatori Atlantici. Peraltro sembra che il Gen. Savi frequentasse nella stagione estiva la casa di un parente che abitava a Senigallia, in zona Penna.

L’ultima annotazione esula un po’ dalla storia della gita, ma credo sia una chicca. Gli italiani non hanno avuto molta attenzione nel conservare aerei che hanno fatto la storia della nostra Aeronautica, E infatti nessun Savoia-Marchetti S-55 è stato conservato. Ne esiste però un esemplare in Brasile, dove fu lasciato a seguito di un incidente di volo nel 1927; è stato ricostruito, ma la società attuale proprietaria non ha nessuna intenzione di cederlo. In compenso i tecnici di Volandia stanno provando a ricostruirne uno, iniziando dalla parte di troncone dello scafo di un Savoia-Marchetti S-55 recuperato in Italia.

Al termine della cerimonia, ci dedichiamo a cose più leggere: pranziamo al ristorante “I Pescatori” (solo portate di mare, soprattutto una ottima grigliata, e del buon vino), godendo anche di un magnifico panorama marino.

Raggiungiamo quindi l’Hotel Villa Ambra, proprio sulla spiaggia della Giannella, tra Argentario e Orbetello; quasi tutte le camere danno sul mare, con vista a perdita d’occhio sulle coste toscane. Dopo un breve riposo facciamo il giro del promontorio dell’Argentario, che ci presenta scorci davvero unici.

Ritorniamo a Orbetello per dare la possibilità a chi lo desidera di assistere alla messa, in Duomo; è una chiesa dalle origini molto antiche, in quanto sembra sia sorta sui resti di un tempio pagano del V sec. dopo Cristo, subendo numerose trasformazioni nel corso del tempo, anche per ovviare alle malefatte della natura (terremoti) e dell’uomo (bombardamenti e incendi dolosi).

Ritorniamo in hotel, cena a base di pesce e poi passeggiata prima del sonno ristoratore, dopo una giornata impegnativa. L’indomani si parte per Tarquinia, per una visita guidata alla necropoli etrusca e al museo archeologico.

La Necropoli di Tarquinia conta al suo interno circa 6.000 sepolture. Si tratta per larga parte di camere scavate nella roccia e sormontate da tumuli, le più antiche delle quali risalgono al VII sec. a.C. Circa duecento di esse contengono una serie di affreschi rappresentanti il più ricco nucleo pittorico giunto a noi dell’arte etrusca e la più ampia documentazione di tutta la pittura precedente l’età romana.

Queste camere funerarie sono modellate sugli interni delle abitazioni e hanno pareti decorate con colori intensi e vivaci su un leggero strato di intonaco. Le scene hanno carattere magico-religioso e rappresentano banchetti funebri, danzatori, suonatori, giocolieri e paesaggi. Le decorazioni sembrano seguire inoltre le sorti del popolo etrusco, infatti quelle risalenti al III secolo a.C., alle soglie del tramonto di questa grande civiltà, rappresentano immagini demoniache e mostri. Tutti gli oggetti e i materiali rinvenuti nelle tombe sono collocati presso il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia che ha sede nell’antico Palazzo Vitelleschi risalente al XV secolo. Il museo nasce da una piccola collezione di proprietà comunale e grazie alle donazioni della famiglia di Conti Bruschi-Falgàari e di altre importanti famiglie nobili di Tarquinia e si è pian piano arricchito con nuovi elementi soprattutto dopo la campagna di scavi dei primi anni ’50.

Il museo è articolato su tre piani. Il piano terra ospita una collezione di sarcofagi in pietra risalenti alla metà del IV secolo a.C. Al primo piano si trova una interessante collezione di reperti (vasi, ceramiche, monete etrusche in bronzo e oro, specchi, suppellettili e balsamari). Al secondo ed ultimo piano sono situate le sale climatizzate che custodiscono le tombe dipinte e gli affreschi. In questa sezione si trova il pezzo più famoso di tutto il museo, un’opera unica al mondo, l’altorilievo dei Cavalli Alati: una lastra alta m. 1.15 e larga m.1.25, rinvenuta durante una campagna di scavo frammentata in cento parti, ma due successivi restauri hanno permesso la sua perfetta ricostruzione, riportando alla luce i colori originali dei due cavalli, l’uno color ocra e l’altro di un colore tendente al rosso.

Pranziamo in pieno centro a Tuscania, al ristorante “San Marco” (abbiamo avuto una ampia possibilità di scelta tra portate di carne o di pesce) con bella vista sulla piazza principale e sulla sottostante vallata; a seguire una passeggiata per le vie della città che ormai non porta più di tanto i segni del drammatico terremoto del 1971.

Alle 17,30 partiamo per Senigallia dove arriviamo verso le 21. Due giorni impegnativi, ma ne valeva davvero la pena.